Le stanze buie

venerdì 19 ago 2022

Recensione di Federica Cavalli

Le stanze buie

di Francesca Diotallevi 

Di Francesca Diotallevi ho letto con grandissimo entusiasmo “Dai tuoi occhi solamente” e il meraviglioso “Dentro soffia il vento”, ma è dallo scorso anno, quando uscì per Neri Pozza “Le stanze buie” che ogni volta che sono in libreria non posso fare a meno di accarezzarne la copertina e aspettare che il libro mi faccia sapere quando è il tempo che lo legga.

In quest’estate di siccità, nei suoi giorni più piovosi, ecco che apro la prima pagina di questo libro

Le stanze buie

Di Francesca Diotallevi

Editore: Neri Pozza, 2021

Pagine: 283

Torino 1904

Una pigra confusione si è impadronita della stanza…

Il libro inizia con queste parole del prologo durante una seduta d’asta in cui un anziano signore osserva il comportamento dei partecipanti all’asta del mobilio della casa stregata così recitava il giornale.

          “E così se ne sono andate le posate in argento, le porcellane di Limoges e i calici di cristallo baccarat, i candelabri intarsiati…

Vedo tutti questi oggetti-storia passarmi davanti agli occhi e questo basta perché ne sia conquistata e sia legata a questo libro.

Le stanze buie sarà il libro che mi terrà compagnia nei prossimi giorni. Lettura centellinata al ritmo delle incombenze casalinghe nei giorni troppo brevi di ferie.

Non un giallo e neppure noir, non un romanzo storico forse un romanzo classico che passa dal romanticismo alla tensione. L’autrice crea un climax tale per cui il lettore non riesce a lasciare le parole e le vite di tutti i personaggi del libro.

È sicuramente un libro da leggere, un libro intessuto di pazienza, tempo lungo, lunghe attese, di silenzi, azione e tanto amore.

Omnia Vincit Amor

Viene ripetuto diverse volte nelle pagine del libro e leggendone la trama mi domando se non avesse potuto essere quello il titolo del libro.

Sono solo un uomo che sta cercando di rimettere insieme i frammenti di un passato che, come sassi nelle tasche di un suicida, pesano da troppi anni sulla sua coscienza.

Quest’uomo è Vittorio Fubini protagonista non unico di questo libro. È il soggetto narratore. È la storia, la sua verità, il suo punto di vista.

Francesca ci accompagna, capitolo dopo capitolo dentro al cuore di Vittorio Fubini e la sete di sapere cosa succederà dopo e dopo ancora diventa un’urgenza per il lettore.

È dramma e bellezza esattamente come è la vita.

Sono il corpo e il cuore che muovono passi che la mente non farebbe.

È stare, avere la consapevolezza che sopravvivere non è vita.

Chi è quell’uomo che può tenere in pugno il suo destino?” (Amleto di W. Shakespeare)

Ecco li punto, chi riesce a tenere in pungo il proprio destino. Tenere in pungo, avere il controllo, non togliersi dal proprio percorso, predeciso, predeterminato? Chi può esercitare un controllo così della propria vita? Chi non osserva, chi non ascolta, chi non lascia che il quotidiano ci cambi.

Persino i sassi nel loro cammino verso il mare perdono qualcosa, smussano gli angoli.

Vittorio Fubini è quest’uomo granitico che si lascia plasmare dall’amore non senza soffrire.

Sì, perché in fondo è amore ciò di cui siamo fatti e a questo richiamo il cuore dell’uomo cede, abbassa le sue armature e aderisce ad esso. E aderendovi cambia in meglio il mondo.

 

Il fatto

Vittorio Fubini attento, solerte, puntiglioso, preciso, impeccabile, inflessibile, lascia a malincuore il suo posto di maggiordomo in una prestigiosa residenza di Torino, allora capitale d’Italia per assecondare le volontà dello zio che ormai defunto richiede la presenza del nipote a servizio presso la Villa dei Conti Flores a Neive, un piccolo paese delle Langhe.

Tutta la vicenda si svolge all’interno della tenuta Flores. Sguardi severi, poche parole, stanze chiuse, rumori sospetti. Che cosa si nasconde a Villa Flores? Perché lo zio gli ha lasciato in eredità un lavoro, quel lavoro? Che cosa ha spinto Vittorio Fubini ad assecondare il desiderio dello zio defunto?

Le stanze buie sono sì quelle a chiuse a chiave che non si possono aprire di Villa Flores, ma anche le stanze del cuore e della mente degli abitanti della casa, chiuse per non tornare al passato che è dolore, dramma e follia. Che è amore, quello vero, puro che libera e follia che è amore distorto che è possesso, schiavitù e morte.

Ma davvero il passato di dolore può stare chiuso, sepolto dentro di noi per sempre?

 

Che cosa mi ha colpito

Sono diverse le parole sporgenti di questo romanzo che hanno attirato la mia attenzione e sicuramente hanno qualcosa da dire a me e a quello che sto vivendo in questo periodo della mia vita. Queste parole sono: libertà, senso del dovere, bisogno, talento, cura, dedizione, in particolare in un passaggio l’autrice mette in relazione: libertà, dono, talento.

“«Vedete, non mi sarebbe dispiaciuto restare in quel convento, credo. Non per vocazione, ma per poter essere libera di dedicarmi a ciò che più amavo. È stato lì che ho appreso le prime nozione sull’arte della profumeria, e ho capito di aver ricevuto un dono…» Si sfiorò la punta del naso, lasciandomi intendere che lì risiedeva il suo talento.

Libertà – dono – talento: abbiamo bisogno di luoghi di libertà dove ognuno di noi possa capire quale sia il nostro dono. Ognuno di noi ha dei talenti che meritano di essere visti.

 

Francesca Diotallevi 

è nata a Milano nel 1985. È laureata in Scienze dei Beni Culturali. Tra le sue opere Amedeo, je t’aime (Mondadori Electa, 2015), Dentro soffia il vento (Neri Pozza, 2016), vincitore della seconda edizione del Premio Neri Pozza sezione giovani e Dai tuoi occhi solamente (Neri Pozza, 2018), candidato al Premio Strega e vincitore del Premio Comisso sezione giovani, del Premio Manzoni e del Premio Mastronardi. Le stanze buie (Neri Pozza, 2021), romanzo d’esordio pubblicato nel 2013 per Mursia Editore e oggi ripubblicato in una versione profondamente rivista.