5 domande a Franca Mancinelli

mercoledì 15 mag 2019

5 domande a Franca Mancinelli

a cura di Alessandro Bottelli

 

1. Di cosa parliamo quando parliamo di fiori?

Di un miracolo di fragilità e bellezza. Una bellezza che vive di luce, senza bisogno di essere guardata.

 

2. In quale posto, reale o fittizio, ha trovato i fiori più emozionanti?

Nel giardino della mia casa d’infanzia. Ricordo le viole, i loro piccoli cerchi nell’erba. Sono fiori tenaci e riservati. Di mia nonna materna, Maria, si diceva che era bella come una viola: ci si accorgeva della sua bellezza, solo avvicinandosi.

 

3. Nei suoi sogni compaiono anche i fiori? In che misura? E di quale tipo, in particolare?

Non ricordo di avere mai sognato fiori.

 

4. Immaginando che un giorno, per un inspiegabile fenomeno ambientale, i fiori perdessero improvvisamente i loro colori per ridursi al solo bianco e nero, come si rapporterebbe, da poeta, a questa nuova situazione?

Non credo che i colori siano necessari. Sono affezionata alle linee, ai contorni incisi e netti. Agli alberi nudi, senza foglie, contro il cielo limpido. A ciò che resiste all’inverno. Un fiore senza colori potrebbe confondersi con una foglia, è vero. Ma io credo che nella spoliazione ogni cosa si avvicini alla sua essenza. Ed è questo che il mio sguardo cerca, in ogni immagine. 

 

5. Così come esiste tra le persone comuni, possiamo affermare che c’è un “pollice verde” anche tra i poeti che hanno dedicato ai fiori taluni loro scritti? Conosce qualche autore che ha lasciato esempi in questo genere conseguendo risultati di speciale intensità e bellezza?

Per “pollice verde” di un poeta, si intende la sua capacità di dare vita, nella pagina, a fiori e piante? Penso allora, inevitabilmente a Pascoli, a Bertolucci, e a una sua bellissima poesia intitolata La rosa bianca, ritratto della bellezza tremante e matura di una donna.

 

 

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