La varietà del repertorio organistico; la brillantezza dei docenti coi quali ho avuto la fortuna di studiare, come anche delle esperienze che ho maturato già nei primissimi tempi di studio. Negli anni ho poi scoperto che molte delle qualità del suonare l’organo, come il saper fraseggiare lasciando respirare lo strumento, la scelta dei registri, la duttilità necessaria per adattarsi ad ogni diversa epoca storica, mi appartengono pienamente e il mio fare musica si forma e si completa anche grazie alle caratteristiche tipiche del mio strumento, e non solo per le capacità tecniche acquisite con lo studio.
Nella mia esperienza, noto in generale molto interesse, forse anche timore ad accostarsi all’organo piuttosto che a strumenti come il pianoforte, il violino… Forse l’organo richiede, già in partenza, una maturità maggiore.
La musica, come ogni arte, è sempre stata parte della mia vita, come lo è di chiunque cerchi nella propria esistenza la presenza della bellezza e di quel “di più” che i meri dati tangibili e tecnici non danno. È diventata essenziale con la mia scelta professionale, voluta fin dal primo giorno di lezione di organo.
In auto ascolto tutto ciò che i miei compagni di viaggio (se presenti) preferiscono ascoltare, stando sempre attenta che il volume non impedisca l’attenzione necessaria alla guida.
L’incantamento, chiamiamolo così, che dà la musica penso non possa essere rinchiuso in un singolo repertorio o in un singolo autore, anche perché vorrebbe dire restringere il campo emozionale in una tabella di corrispondenze che un giorno funziona, un altro no. Ognuno di noi credo infatti che abbia il diritto di emozionarsi, di lasciarsi coinvolgere o al contrario di restare estraneo a ciò che sente, a seconda delle situazioni che sta attraversando. Detto ciò, credo che la musica classica abbia sempre bisogno di un ascolto più attento di quello che richiede la musica leggera; a me non piace schematizzare, non mi è quindi possibile dire che per la musica organistica provo sempre determinate sensazioni, mentre per l’altra musica ne provo altre… per fortuna, l’essere umano è sempre una sorpresa.
Niente, credo, come non ha nulla di “maschile”. Penso che ogni strumento musicale possa rispecchiare le doti musicali che l’esecutore ha “accumulato” nei suoi anni di esperienza, indipendentemente dal fatto che sia uomo o donna. Così, se sento un uomo suonare dolcemente non dico che è un effeminato, ma dico che sta interpretando con dolcezza, e se sento una donna suonare con veemenza non la giudico un maschiaccio, ma osservo quale lettura fa l’esecutrice di quel passaggio.
Non ho studiato principalmente con delle donne; ho avuto docenti uomini, e ciò non ha impedito in nulla alla mia musicalità di svilupparsi e di fiorire, perché appunto la musicalità non dipende essenzialmente dall’essere uomo o donna.
Certo, l’organo si presta in generale alle trascrizioni orchestrali; la quantità di pagine di repertorio organistico di fine Settecento e inizio Ottocento ci testimonia come l’organo sia lo strumento più indicato nel riprodurre l’effetto orchestrale.
Risale a qualche anno fa, quando parlando con il direttore artistico della Tactus ho notato che ancora non era stata pubblicata l’opera omnia di questo autore. Di Yon allora conoscevo ben poco; è stata una bella sorpresa scoprire tutto il suo repertorio e approfondirlo durante questi anni e ora, a lavoro ultimato, la soddisfazione è davvero tanta.
Il maestro Caporali è uno dei più grandi organisti italiani del momento, e questo brano mi fa scoprire un aspetto di lui che non conoscevo (oltre a quello di grande improvvisatore ed esecutore), quello compositivo; GiRossini è un brano che unisce le tipiche movenze rossiniane ad armonie e stili moderni, che lasceranno senz’altro il pubblico di Lallio a bocca aperta!
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