5 domande a Rosalba de Filippis

5 domande a Rosalba de Filippis

a cura di Alessandro Bottelli

 

 

1. Certi fiori possono trattenere in sé la memoria di affetti, ricorrenze, situazioni di gioia o dolore ormai scomparse da tempo ma che ci hanno coinvolto in prima persona. Nel suo caso, a quali fiori si legano i ricordi emotivamente più vivi?

Più che altro sono le luci e le suggestioni di alcuni scorci naturali ad aver lasciato dentro di me un’impronta: un cespuglio su una strada sterrata, l’ombra di un noce, la fioriera densa di piccoli garofani sul ballatoio di una casa dell’infanzia; oppure il profilo di mia madre che si piega a innaffiare paziente un geranio. E le rose di Rosa, la madre di una mia piccola amica, sgargianti e profumate nel giardino che circondava la casa. E poi le bocche di leone di cui parlo in una mia poesia.

 

2. Si può giocare con i fiori senza offuscarne la luminosità e la bellezza? In che modo?

Del gioco con i fiori ricordo il cuore di un papavero che, premuto sulla fronte, lasciava l’impronta di una stella. Oppure le spighe impigliate sul tessuto di una maglietta a enumerare i possibili fidanzati nel mio futuro di ragazza. A parte questi ricordi, credo sia centrale il rispetto di un dialogo silenzioso.

 

3. I fiori non chiedono nulla, ma si danno spontaneamente e con generosità alla nostra ammirata contemplazione. Ritiene che dovrebbe essere un po’ così anche per ogni vera creazione che aspira a diventare opera d’arte: bastare unicamente a se stessa, farsi contemplare nella sua nudità, abolendo ogni orpello o superflua spiegazione?

Assolutamente. Per quanto, si richieda talvolta alla poesia di essere “capita”, esigenza che, confesso, mi disorienta, perché costringe a creare “ponti” di significato, là dove c’è forse una immagine, intorno alla quale si avviluppa e dispiega un percorso creativo; immagine che non può essere “spiegata”.

 

4. Cosa cerca e cosa trova la parola poetica in un fiore?

Il silenzio e il sacrificio dell’umiltà.

 

5. Il colore e il profumo sono elementi funzionali al fiore, utili per attirare l’attenzione degli insetti, i quali diventano, più o meno inconsapevolmente, i tramiti fondamentali per assicurare loro continuità e diffusione. Di quali attrattive fa uso invece la poesia perché possa accalappiare sempre nuovi lettori capaci di corroborarne l’esistenza?

Forse per educazione e un po’ per carattere sono abbastanza schiva. Credo che il presupposto di una poesia “onesta”, come dice Umberto Saba, sia il “dimentica te stesso”. Credo che il parametro della gratitudine rappresenti una vera e propria categoria critica, tramite cui misurare la capacità di una poesia di “trattenere” il lettore, libero di cogliere in essa un elemento di universalità.

 

 

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